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Dalla terra allo scaffale: fare rete per la sovranità alimentare

Nella scorsa primavera 2020 è nata a Bologna una rete per la sovranità alimentare fondata da Arvaia, Camilla e Campi Aperti.

Si definisce Sovranità Alimentare il diritto dei popoli ad avere accesso ad un cibo salutare e culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi ecologici e sostenibili, ovvero autodeterminare i propri sistemi agroalimentari.

La rete si pone l’obiettivo di mettere insieme le realtà regionali impegnate su vari livelli nella produzione e distribuzione di cibo e nella salvaguardia ambientale.
Il suo obiettivo è quello di chiedere alle amministrazioni locali sostegno attivo a favore delle reti contadine e un riconoscimento del loro ruolo cardine nel contrastare l’attuale devastazione ambientale e nel tutelare la salute.
È attiva dalla primavera del 2020 ed ha attualmente messo in moto un’azione di sensibilizzazione del nostro modello volto a portare il tema della sovranità alimentare a quante più persone possibili.
Il gruppo ha sperimentato, e tutt’ora sperimenta, un metodo decisionale ispirato al metodo del consenso e basato sulla valorizzazione delle relazioni e dei processi. Ogni incontro è preceduto da una preparazione di facilitazione.

Come si realizza

In Arvaia la sovranità alimentare si realizza mettendo insieme chi coltiva e chi mangia in forma cooperativa. In questo modello – chiamato Community Supported Agricolture – si fa impresa assieme e quindi insieme ci si assume il rischio della produzione agricola. Arvaia durante la pandemia ha sperimentato la sicurezza di “aver già venduto” e di dover solo preoccuparsi di fare arrivare i prodotti alle famiglie che, come in un grande orto comune, li avevano acquistati in precedenza. Questo valore aggiunto, questo concretizzarsi della sovranità alimentare – che è l’essere padroni della produzione del cibo che si ha nel piatto – hanno rivelato la particolare resilienza di un modello di agricoltura intimamente legato al proprio territorio, in un momento nel quale si sono palesate le difficoltà del far arrivare il cibo da altri paesi.

Camilla è un emporio di Comunità in forma di cooperativa autogestita che vende esclusivamente ai propri soci. Vende, quindi si occupa della fase che porta il prodotto finito sulle nostre tavole, nello sforzo di ricucire la frattura tra il consumare e il produrre oggi avallata dal sistema della grande distribuzione organizzata. Il ciclo produttivo alimentare oggi è inumanamente complesso e così
la carta degli intenti e lo Statuto stesso di Camilla parlano di “consumare e produrre”.
Camilla è un invito a fare la spesa in modo da ristabilire il rapporto tra città e campagna, rispettare la qualità di vita di chi lavora e ridurre l’impronta ambientale delle nostre scelte.

Campi Aperti è una associazione che unisce circa 150 piccoli e medi produttori biologici e agro-ecologici locali. A questi si aggiungono i coproduttori che vengono ai mercati contadini a comprare in vendita diretta i prodotti.
La vendita diretta costituisce il terzo esempio di rete alimentare contadina e di tipologia di distribuzione; permette la connessione tra molteplici realtà agricole e migliaia di persone che frequentano i mercati. I mercati sono un luogo di ritrovo, di incontri, di idee che girano, un’occasione ed una pratica di comunità.
Dal punto di vista sociale ed economico mercati, empori di comunità e CSA sono rivoluzionari nella loro capacità di rimettere nelle mani dei contadini e dei cittadini il prezzo dei prodotti. Riducendo le intermediazioni e togliendo di mezzo la speculazione finanziaria consentiamo ai contadini di oggi di esistere in questo particolare momento storico in Italia e di poter vendere i propri prodotti ad un prezzo equo.

Cambiare l’agricoltura per cambiare il mondo

Documento aperto

Come prima cosa la rete ha deciso di lavorare ad un documento tuttora aperto al confronto, ad integrazioni e nuove idee, che delinei un programma strategico capace di facilitare le azioni di associazioni e singoli in un quadro legislativo obsoleto o incompleto. La rete vuole quindi essere una piattaforma di rivendicazioni nei confronti delle istituzioni locali con cui poter cambiare le politiche dell’agricoltura e della distribuzione.

Il testo è stato scritto nell’arco di cinque mesi ed è nato grazie al contributo di tantissime persone che lo hanno arricchito con le proprie esperienze di studio, pratica e vita lavorativa.
Il documento è un punto di partenza, che mette nero su bianco il desiderio di rafforzare la nostra capacità comunicativa, di creare sinergie con movimenti e azioni affini – non necessariamente indirizzate alla sovranità alimentare – e che sottolinea l’urgenza dei nostri contenuti in un momento storico in cui l’agroindustria ha un impatto sull’ambiente e le comunità umane senza precedenti.

Le rivendicazioni comunicate sono costruite sulla base di quanto fatto e sperimentato con successo negli ultimi vent’anni di mercati, aziende contadine, Community Supported Agricolture, empori cooperativi e sistemi di garanzia partecipata. Per ognuno di questi livelli si identificano richieste concrete da presentare alle amministrazioni, in particolare Comune di Bologna e Regione Emilia-Romagna.
Il documento è costruito su due parti: la prima tratta il modello della sovranità alimentare, della agroecologia e delle reti alimentari contadine; la seconda parte del documento presenta le nostre proposte, le assi di intervento concrete.

Nello specifico nella prima parte, basandosi su un rapporto dell’ETC group utilizzato dalla FAO, il documento ha l’obiettivo di comunicare agli enti locali e all’opinione pubblica che esiste un modello agricolo che ha degli effetti positivi ed uno che non ce li ha. Secondo il rapporto sarebbero i contadini ad essere più efficienti nella produzione delle risorse alimentari: questi ultimi producono il 70% del cibo usando il 30% delle risorse. Le catene alimentari industriali producono all’opposto il 30% del cibo usando il 70% delle risorse.

Le reti alimentari contadine sono sinonimo di un’agricoltura di piccola scala che ha un rapporto equilibrato con il territorio, che mira a rigenerarlo e non a sfruttarlo, che si basa su una distribuzione locale e che è sostenibile anche dal punto di vista sociale perché non sfrutta il lavoro.
Dall’altro lato c’è una agricoltura industriale che distrugge il territorio, annienta la fertilità del suolo, che ha un rapporto squilibrato con gli animali, e che in più sfrutta il lavoro vendendo su filiere molto lunghe e facendo più ricorso alla tecnologia che al lavoro umano.

Se il primo modello, che è il nostro modello, fa bene alla salute, al lavoro, all’ambiente, non produce inquinamento, rende il suolo utilizzabile anche per le generazioni future allora le istituzioni devono sostenere questo modello e non quello della catena industriale. Camilla e gli altri attori della rete hanno portato avanti queste pratiche per anni con le loro sole forze mentre il sistema agroindustriale si sostiene e impone prezzi bassissimi grazie ad ingenti finanziamenti pubblici.

Oltre a porsi questi problemi il documento propone azioni ad ampio respiro riguardanti la formazione degli agricoltori, i sistemi per produrre i semi, l’educazione nelle scuole e altro.

Su cosa si concentra l’azione della Rete in questo momento?

    • L’allargamento della rete.
      Siamo nella primissima fase in cui il coinvolgimento di altri gruppi e singoli è decisivo. In primis è necessario parlare con altre realtà, progettare quanti più incontri possibili, includere sia chi è semplicemente interessato all’argomento sia chi è già attivo.
    • Il forum con la Regione del 13 Febbraio 2021.
      La Regione Emilia Romagna alla fine del 2019 ha approvato una legge volta a valorizzare tutto il mondo dell’economia solidale e ad aprire un tavolo con i soggetti del territorio per il dialogo e la proposizione di obiettivi strategici e di linee di intervento.
      In collegamento con Creser la Rete per la sovranità alimentare ha partecipato al forum portando quattro temi principali:
      • la cornice sociale e politica delle reti contadi
        ne;
      • gli Nbt (New breeding techniques), i nuovi OGM;
      • il riconoscimento del sistema di garanzia partecipata;
      • il sostegno alle forme di distribuzione alternativa come Campi Aperti, Arvaia e Camilla.
    • Una piattaforma di comunicazione www.grandeesodo.org
      La piattaforma ha lo scopo di informare e di aprire il confronto su questi temi. Contiene articoli, documenti, approfondimenti su buone pratiche oltre che al calendario delle assemblee e degli incontri online della rete.

Cosa posso fare?

È molto gradita la partecipazione di persone che si sentono attirate dall’argomento e che hanno voglia di mettere energie in questo percorso principalmente politico. La qualità politica della rete non è da intendersi in termini di partiti ed elezioni, ma nella necessità di portare le nostre istanze alle istituzioni e di cambiare le abitudini e gli stili di consumo di sempre più persone.
Crediamo che così facendo si possa migliorare la vita di tutti.


PER PARTECIPARE SCRIVI A info@camilla.coop | info@arvaia.it | info@campiaperti.org

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