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Sprigioniamo le feste: l’economia carceraria e il valore del lavoro che libera

Quest’anno, come ogni anno, nel periodo delle feste abbiamo scelto di dare un’attenzione speciale a un progetto che ci accompagna da tempo: portare sugli scaffali di Camilla i prodotti nati dentro i laboratori delle carceri italiane.

Sono presenti nel nostro emporio da anni, ma in questo momento vogliamo farli risaltare ancora di più — perché dietro a ciascuno di essi c’è un’idea di giustizia, di lavoro e di libertà che ci rappresenta profondamente.

Per dare il massimo risalto alle cooperative che portano avanti questi progetti, Camilla ha deciso di abbassare il proprio ricarico in modo da rendere i prodotti dell’economia carceraria ancora più accessibili.

Un’economia che attraversa le sbarre

L’economia carceraria è un sistema fatto di cooperative, volontari, artigiani e persone detenute che, insieme, costruiscono possibilità dentro un contesto che di solito conosciamo solo per negazione.

Nelle carceri italiane, troppo spesso segnate da sovraffollamento e abbandono, nascono laboratori dove si lavora, si studia, si prova a immaginare un futuro diverso.

È una piccola breccia in un luogo che resta una delle ferite aperte della nostra democrazia: un sistema penitenziario molto spesso fatto di sovraffollamento e strutture dove manca tutto, che di fatto non rispetta l’articolo 27 della Costituzione, quello che parla di rieducazione e umanità della pena.

Dentro queste brecce, però, si sperimenta un’altra idea di lavoro.

Nei laboratori si impastano biscotti, si preparano conserve, si stampano magliette, si lavorano materie prime biologiche.

Le persone detenute raccontano che il laboratorio è “un luogo dove il tempo smette di pesare”, dove si riscopre la soddisfazione di creare qualcosa di buono, di utile, di bello.

È lì che il tempo sospeso diventa tempo vivo, condiviso con chi è dentro e con chi entra da fuori.

Le cooperative e le loro scelte

Abbiamo scelto di collaborare con realtà che, oltre a lavorare dentro le carceri, condividono la nostra idea di cooperazione: L’Arcolaio Dolci Evasioni, Banda Biscotti, Fuga di Sapori, Voci Erranti e Sprigioniamo Sapori.

Sono cooperative che non puntano al profitto ma alla qualità del prodotto e alla dignità del lavoro. Usano materie prime biologiche, rispettano l’ambiente, promuovono condizioni eque anche al di là del carcere. C’è chi produce dolci e biscotti, chi trasforma frutta e verdura in conserve, chi lavora pasta o cioccolato, chi cura ogni dettaglio grafico del packaging.

Ognuna è un frammento di quella che potremmo chiamare una “rete di libertà”: un’economia diversa, fondata sulla responsabilità e sulla relazione.

Perché li scegliamo, e cosa rappresentano

A Camilla crediamo che la cooperazione sia un modo di fare economia con le persone, non sulle persone.

Per questo l’economia carceraria ci è affine: perché parla di dignità, di inclusione, di possibilità di cambiamento.

Portare questi prodotti sugli scaffali significa offrire ai nostri soci non solo alimenti di qualità, ma anche un messaggio politico e civile.

Sostenere chi lavora in carcere significa accendere una luce su una parte del Paese che troppo spesso resta nell’ombra, e riconoscere il coraggio di chi, dentro quelle mura, costruisce speranza giorno per giorno.

Dietro ogni biscotto e ogni barattolo c’è una storia di resistenza: quella di chi lascia la cella per qualche ora e si misura con un mestiere, quella di chi scopre un talento, quella di chi torna a credere che esista un futuro fuori.

Quando quei prodotti escono dalle mura — almeno loro — portano con sé un po’ di libertà.

Un gesto piccolo, un messaggio grande

I numeri ci dicono che tra chi lavora in carcere la recidiva scende drasticamente, fino al 2%, secondo questo articolo recente di Avvenire.it.

Ma più dei dati conta la visione: costruire un’economia capace di includere anche ciò che la società tende a espellere. È per questo che continuiamo a sostenere e raccontare queste realtà, non solo a Natale ma tutto l’anno. Perché la cooperazione non è un’etichetta: è una scelta quotidiana, che parla di relazioni, responsabilità, dignità.

E perché “sprigionare le feste”, per noi, significa anche liberarci — dai consumi automatici, dall’indifferenza, dalle paure — e riconoscere che il cambiamento, a volte, comincia proprio da un prodotto che ha attraversato le sbarre.

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